Questo nono appuntamento con la rubrica #BecomingJane (per vedere tutte le puntate cliccate qui) ci porta ad esplorare una delle tematiche centrali di tutti i romanzi – compiuti e incompiuti – della nostra scrittrice preferita: il matrimonio. Pensando all’epoca storico-cultural-sociale austeniana, il matrimonio era spesso connesso con l’onore della famiglia (abbiamo affrontato brevemente questa tematica anche nella rubrica #LeggendoClarissa). Ecco come tale nesso prende vita nei romanzi di Jane Austen.

L’onore della famiglia, nell’epoca di Jane Austen, era oltremodo importante. Come ci ricorda James Edward Austen-Leigh, “per Jane Austen la sua propria famiglia era così tanto, e il resto del mondo così poco”. Non è tuttavia del medesimo parere William Deresievwcz, autore del libro La vita secondo Jane Austen, il quale, a proposito della famiglia Elliot di Persuasione, afferma testualmente: “Ma com’era possibile, mi domandavo, che la Austen, la grande scrittrice di romanzi, la grande artefice di matrimoni, fosse contro la famiglia? Tuttavia, ripensando ad altri suoi libri, mi resi conto che di famiglie felici nelle sue opere ce n’erano ben poche: dieci infelici, secondo il mio calcolo, e a malapena una passabile (quella composta da Emma e dal padre). E se porta sempre le sue eroine al matrimonio, non ne segue però le vicende dopo, piene di difficoltà derivanti dall’arrivo dei figli. La sua famiglia, e a detta di tutti, era felice, e lei amava senz’altro i suoi nipoti, ma nel descrivere la felicità non fa mai ricorso a immagini di legami matrimoniali, bensì a coppie di fidanzati, piccoli gruppi di amici. Riscontrai questo modello di comunità non solo in Persuasione, ma ovunque nelle opere austeniane: le eroine sono sempre attorniate da una piccola cerchia di persone affezionate, composta da mariti e mogli, fratelli e sorelle. Orgoglio e Pregiudizio termina non con un matrimonio, ma con due: due sorelle che sposano due amici. Emma finisce con tre matrimoni e quello dell’eroina prende il via pieno di «voti, le speranze, la fiducia, le predizioni del piccolo gruppo di veri amici che si trovarono presenti alla cerimonia». Non sorprende che Richard Simpson, uno dei più importanti critici austeniani, abbia detto che per lei «la vera luce della vita» era l’amicizia.

Dissertazioni critiche a parte (voi cosa ne pensate?), l’onore della famiglia emerge anche in molti degli scritti dell’autrice, in particolar modo legato ad un altro aspetto fondamentale dell’epoca – e dei romanzi austeniani, ovviamente -: il matrimonio. Lady Susan trova contatto anche con Orgoglio e pregiudizio proprio per quanto riguarda questa tematica e, nello specifico, nella “discussione” che vede come questione principale quale sia l’età corretta raggiunta la quale una fanciulla possa tranquillamente sposarsi senza disonorare la propria famiglia. Frederica Susanna Vernon, la figlia che Lady Susan ha avuto dal primo matrimonio, è al centro del romanzo per i suoi tentativi di sfuggire al controllo materno. Ad un certo punto, Lady Susan decide di allontanare la figlia dalle distrazioni del mondo esterno mandandola a studiare in un collegio; tale costrizione sarebbe dovuta durare finché Frederica non avesse acconsentito a sposare Sir James Martin. In seguito ad un tentativo di fuga riuscito, Frederica non verrà più ammessa nell’istituto e Lady Susan dovrà farsene nuovamente carico; o meglio, se ne faranno carico i de Courcy, che la ospiteranno, insieme alla madre, nella loro dimora. E proprio in tale frangente avrà inizio l’innamoramento di Frederica nei confronti di Reginald de Courcy (che anche la madre stava corteggiando). Lady Susan – prevedibilmente – non reagisce in maniera positiva e, in una lettera all’amica Alicia, descrive la figlia sedicenne con scarso riguardo:

Tale è stata la prima notevole impresa di Miss Frederica Susanna Vernon, e considerando che è stata compiuta alla tenera età di sedici anni, essa lascia prevedere un promettente futuro per la sua reputazione. Sono irritatissima dallo sfoggio di rispettabilità che ha impedito a Miss Summers di tenere con sé la ragazza: i suoi scrupoli appaiono talmente immotivati, considerando di quali amicizie godono i parenti di mia figlia, che posso solo immaginare che quella donna abbia temuto di non ricevere il proprio denaro. Comunque sia andata, Frederica è di nuovo nelle mie mani, e non avendo nessun’altra occupazione, è impegnata a seguire il progetto di una storia d’amore, a cui aveva dato inizio a Langford. Si sta innamorando di Reginald de Courcy. Disobbedire alla madre, rifiutando un ottimo partito non è abbastanza per lei, anche il suo affetto deve essere concesso senza l’approvazione materna. Non si è mai vista una ragazza della sua età che promette così chiaramente di diventare lo zimbello del genere maschile. I suoi sentimenti sono piuttosto fervidi e l’incantevole ingenuità con cui li mostra fa nascere la legittima speranza che sarà derisa e disprezzata da qualunque uomo la incontri.

In quest’ottica, la sua unica figlia, diviene per Lady Susan un ostacolo al successo delle proprie macchinazioni e la spia d’allarme che mette il lettore in guardia su quanto di lì a poco accadrà.

È un altro romanzo, il notissimo Orgoglio e pregiudizio, a presentarci l’esempio di un’altra figlia sedicenne che corre un rischio (e chi conosce la vicenda, sa bene che tipo di rischio l’ingenua e sempliciotta Lydia Bennet corre!) disobbedendo alla propria famiglia ed alle convenzioni del suo tempo: la sua fuga romantica col Capitano Wickham ed il conseguente matrimonio celebrato in segreto a Gretna Green, senza che nessuno dei parenti – ad eccezione della sorella minore, complice, Kitty – fosse a conoscenza di quanto stava accadendo, è forse il prototipo austeniano meglio riuscito dell’avventatezza e della mancanza di ragione. Eppure, al contrario di quanto accade in Lady Susan, nel romanzo che fu First Impressions, Mrs. Bennet pare non realizzare quanto l’azione di Lydia – la sua figlia prediletta – abbia screditato tutta la famiglia. La reazione della donna, forse uno dei personaggi più sciocchi in assoluto di tutto il vasto panorama austeniano, lascia assai disarmati non soltanto i lettori, bensì anche le attonite Elizabeth e Jane Bennet del romanzo: «Cara, cara Lydia!» esclamò. «Che bellezza! Si sposa! La rivedrò! Un marito a sedici anni! Che fratello buono e generoso è il mio! Sapevo che sarebbe andata a finire così; sapevo che avrebbe sistemato ogni cosa. Che voglia ho di rivederla! E di vedere anche quel caro Wickham! Ma il vestito da sposa, il corredo! […] Cara, cara Lydia! Come saremo felici quando ci rivedremo! […] Ottimo, sono così felice! Fra poco avrò una figlia sposata. La signora Wickham. Come suona bene! E ha compiuto sedici anni a Giugno!».

Di fronte a reazioni tanto diverse, non possiamo che chiederci quale fosse l’opinione di Jane Austen in merito alla corretta età necessaria per pronunciare il fatidico “sì”. Osservando anche gli altri romanzi austeniani, si può pensare che la Austen non avesse un canone fisso a cui far riferimento: alcune delle sue eroine si sposano piuttosto giovani (Catherine Morland, ad esempio, prende Henry Tilney come suo marito alla giovane età di diciotto anni); altre, al contrario, si congiungono con la propria metà più in là con gli anni (un esempio su tutti è Anne Elliot, protagonista di Persuasione). È plausibile credere che, una volta ottenuto il consenso da parte delle famiglie dei giovani e appurato che l’unione non avrebbe generato disonori di nessuna sorta, il matrimonio si sarebbe potuto celebrare senza affanni; ciò bastava anche alla Austen? Ovviamente no: nella sua ottica, affinché il matrimonio fosse felice e tale felicità risultasse duratura, i due coniugi dovevano – necessariamente – amarsi.