La scorsa settimana siamo entrati nel vivo di una delle tematiche centrali della narrativa austeniana: il matrimonio. In questa nuova puntata di #BecomingJane torniamo ad occuparci di sposalizi e sentimenti ponendo a confronto le eroine protagoniste dei romanzi Emmalady Susan.

Spiacevole era il matrimonio sempre, in quanto origine di cambiamento.” Queste sono alcune parole del preludio di Emma, le quali presentano l’eroina che dà il nome al romanzo. La particolarità del personaggio della signorina Woodhouse è, inizialmente, quella di aborrire totalmente l’idea del matrimonio per se stessa: la giovane, difatti, non necessitando di un uomo che la sostenga economicamente non intende rinunciare alla propria indipendenza e crede di essere totalmente immune dagli attacchi delle frecce di Cupido. Nel contempo, Emma trascorre le proprie giornate tessendo le trame delle relazioni amorose che, volta dopo volta, intende mettere in pratica a favore di un’amica piuttosto che di un vicino di casa. Il padre, Mr. Woodhouse, non concepisce questa volontà della figlia di “armarsi di arco e frecce” e preferirebbe che considerasse l’unione di due individui come qualcosa a cui aspirare anch’ella: «Ah, mia cara, vorrei che tu non combinassi matrimoni o facessi predizioni, poiché tutto quel che dici finisce sempre per succedere. Ti prego di non combinar più matrimoni.» «Ti prometto di non combinarne nessuno per me, babbo; ma quanto agli altri non posso farne a meno. È il più gran passatempo che conosca!».

È in una conversazione con Harriet Smith, amica della signorina Woodhouse, nonché protagonista dell’ultimo matrimonio combinato a cui Emma sta accuratamente lavorando, che emerge questa particolare visione del matrimonio, con particolare riferimento alla condizione – economica, culturale e sociale – che permette ad Emma Woodhouse di poter affermare questa sua decisione con credibilità e sicurezza:

«Mi sorprende tanto, Miss Woodhouse, che voi non siate sposata o in procinto di esserlo! Affascinante come siete!…» Emma rise e rispose: «Il mio essere affascinante, Harriet, non è abbastanza per indurmi al matrimonio; devo trovare io pure affascinanti gli altri… almeno uno. E non solo non mi sposerò per adesso, ma ho pochissima intenzione di sposarmi mai.» «Ah!… così dite; ma non posso crederci.» «Bisognerebbe che vedessi una persona molto superiore a tutti coloro che ho visto fin’ora, per sentirmi tentata; […] se dovessi sposarmi, dovrei prepararmi a pentirmene.» «Dio mio! Com’è strano sentir parlare così una donna!…» «Non sento nessuno dei consueti allettamenti al matrimonio che sentono le donne. Se dovessi innamorarmi, certo, la cosa sarebbe diversa! Ma io non mi sono innamorata mai; non è la mia tendenza, o la mia indole; e non credo che lo sarò mai. E, senza amore, sono sicura che sarei una sciocca a mutare una situazione come la mia. Di denaro non ne abbisogno; d’occupazione non ne abbisogno; di posizione sociale non ne abbisogno; credo che poche donne maritate son per metà padrone a casa dei loro mariti di quanto lo sono io a Hartfield; e mai e poi mai potrei sperare d’essere così veramente amata e importante; così sempre la prima e infallibile agli occhi di qualunque uomo come lo sono a quelli di mio padre. » «Ma rimanere zitella a vita, come Miss Bates!» «Immagine più formidabile non potreste presentare, Harriet; e se io pensassi di rassomigliare mai a Miss Bates, così sciocca, così soddisfatta di sé, così sorridente, così uggiosa con le sue chiacchiere, così priva di discernimento e di raffinatezza, e così proclive a raccontare ogni cosa relativa a ognuno intorno a me, io mi sposerei subito domani. Ma sia detto tra noi, sono convinta che non ci può essere somiglianza alcuna, se non nel fatto di non essere maritate.» «Ma pure sarete una zitella! E ciò è così terribile!» «Non importa, Harriet, non sarò una povera vecchia zitella; ed è solo la povertà che rende il celibato spregevole agli occhi d’un pubblico generoso! Una donna sola con una rendita limitatissima, dev’essere una vecchia zitella ridicola, sgradevole! Lo zimbello di ragazzi e di giovinette; ma una donna sola, facoltosa, è sempre rispettabile, e può essere assennata e piacevole come chiunque altro».

Al pari di Emma, che non pensa al matrimonio per sé, Lady Susan non desidera risposarsi ad ogni costo; la donna prenderebbe nuovamente marito esclusivamente a condizione che l’unione sia in grado di donarle particolari benefici.

Se, inizialmente, la visione del matrimonio delle due donne parrebbe essere la medesima, Emma avrà nel prosieguo della narrazione un’evoluzione in positivo, che la porterà a comprendere i propri errori e ad avere una crescita interiore (che la condurrà alla vera felicità insieme a Mr. George Knightley), mentre la protagonista di Lady Susan continuerà ad avere la propria considerazione dell’unione matrimoniale come di un mero passatempo: Oh, che delizia osservare, mentre parlavo, i cambiamenti della sua espressione, scorgere il conflitto tra la tenerezza che si riaffacciava ed il dispiacere che durava ancora! C’è qualcosa di piacevole nei sentimenti che si lasciano manovrare tanto facilmente. […] si dimostrano utili quando si desidera influenzare le passioni di un altro. Eppure, lo stesso Reginald, che poche mie parole hanno ridotto alla più completa sottomissione rendendolo più trattabile, più affezionato e più devoto che mai, mi avrebbe lasciato, al primo impeto d’ira del suo cuore orgoglioso, senza degnarsi di cercare una spiegazione! Non posso perdonare una tale prova di orgoglio neanche di fronte alla sua attuale umiliazione, e non so decidermi se punirlo lasciandolo immediatamente dopo la nostra riconciliazione, oppure sposandolo e torturandolo per sempre.

Di fatto, Lady Susan si mostra ancora una volta come un personaggio connotato negativamente. Emma, non senza numerosi tentativi falliti da parte di Mr. Knightley, riesce tuttavia a maturare e crescere (ed ecco emergere il topos del romanzo di formazione austeniano) quanto basta per comprendere che l’unico matrimonio che vale veramente la pena di celebrare è proprio il suo. Anche Lady Susan si risposerà; ma se il suo matrimonio poteva dirsi felice anche solo la metà di quello della novella Mrs. Knightley, nemmeno l’autrice è stata capace di garantirlo.  In ogni caso, nel mondo austeniano il matrimonio rimane essenziale, come ci ricorda Pietro Meneghelli: “ciò che definisce i contorni del mondo della Austen è il modo in cui il destino delle sue eroine si gioca tutto in base a quelle vicende, a quelle fortune e sfortune, che preludono a ciò che, nella mentalità dell’autrice, è l’evento principale della vita femminile: il matrimonio”.