Una serata nel salotto di “Regency & Victorian”
Ieri sera ho trascorso un paio di piacevoli ore nel bel salotto virtuale del gruppo Facebook “Regency & Victorian”, che ha organizzato un incontro di presentazione, dedicandomi uno spazio dove raccontarmi e rispondere alle domande di chi desiderava conoscere qualcosa in più del mio mondo d’inchiostro. Vista la bella esperienza e le domande interessantissime che mi sono state fatte durante la serata, ho pensato di creare questo post per raccogliere le principali, conservarne una traccia e dare la possibilità a chi lo vorrà di leggere quanto ci siamo detti. Quindi, bando alle ciance, prendete la vostra tazza di thé fumante, qualche biscotto al burro, sedetevi comodi e cominciate a leggere. Nel caso abbiate altre domande o curiosità, potete sempre scrivere nei commenti e vi risponderò con molto piacere.
T.P. “Ciao Matteo, non ho ancora avuto occasione di leggere il tuo libro, come lo descriveresti per incuriosirmi?”
Il romanzo che sarà (ri)edito quest’anno in una nuova versione e con contenuti inediti (si chiamerà “Catherine”) è un romanzo di formazione, che racconta le vicende di quattro sorelle e il loro desiderio di rivalsa su una madre egoista e un Destino apparentemente difficile da gestire. In passato questo romanzo ha già visto una pubblicazione, ma vicende editoriali infelici mi hanno portato a tornare sui miei passi, riprendendo in mano i diritti del libro.. il nuovo editore sembra credere veramente in questo progetto e mi auguro che gli dia la giusta direzione.
S.D.S. “Buonasera Matteo! Inizia raccontarci qualcosa di te, come sei diventato scrittore e qual è la tua musa ispiratrice?”
Buonasera anche a te! Bella domanda! Ho sempre cercato un modo per esprimere sentimenti e sensazioni interiori… ho provato in diversi modi, dal disegno alle canzoni; ma ho poi compreso che avevo bisogno di un po’ più di spazio per raccontare… prima di iniziare a scrivere, naturalmente, sono sempre stato un lettore. Durante l’estate di passaggio tra la quarta e la quinta superiore ho incontrato quella che è a tutt’oggi la mia grande ispiratrice: zia Jane!
S.D.S. “È originale che un ragazzo abbia scelto un’autrice di romanzi prettamente femminili come musa. Quindi mi sorge spontaneo chiederti da quale romanzo hai iniziato la lettura delle sue opere, e quale di queste ha ispirato di più il tuo stile narrativo?”
La mia (ex) insegnante di inglese mi assegnò come lettura estiva “Pride and Prejudice” in lingua originale. Di mia spontanea volontà, comprai (in italiano) “L’abbazia di Northanger”. Dopo queste due letture, Jane mi aveva completamente rapito… I suoi romanzi che più amo, ad ogni modo, sono “Persuasione” e “Emma”… li consiglio sempre a chiunque!
T.P. “Come ti prepari a scrivere? C’è molto lavoro di ricerca?”
Sicuramente, è verissimo.. ma questa ricerca non mi pesa, perché amo davvero il periodo in cui ambiento queste storie. Leggo molti testi scritti da autori e autrici dell’epoca e, quando ne ho bisogno, cerco informazioni specifiche su testi o su internet. C’è da dire che, essendo comunque storie romanzate, i miei testi cercano di essere il più realistici possibili, anche se – talvolta – è capitato che prendessi alcune “licenze”.
C.R. “Ciao Matteo, lieta di conoscerti. Una domanda forse scontata, ma voglio chiederti cosa spinge un uomo ad appassionarsi a Jane Austen. Non ho mai avuto la possibilità di chiederlo a nessuno (uomo, appunto)”
Me lo hanno chiesto spesso e, in verità, credo che non esista un vero e proprio motivo, se non la passione verso la Letteratura. Non credo esistano libri maschili o libri femminili; spesso si tratta solo di barriere culturali/sociali che ci vengono trasmesse dalle generazioni passate.
Per quanto mi riguarda, rileggo un romanzo di Jane ogni anno: sento la sua mancanza. Ha scritto in una maniera irripetibile, con un guizzo invidiabile e perfetto. Vorrei poter tornare indietro nel tempo e incontrarla.
T.P. “Qual è – se c’è – il romanzo che avresti voluto scrivere?”
Cito un contemporaneo, così da non apparire monotono. Vorrei aver scritto “Camere separate” di Pier Vittorio Tondelli. E’ un romanzo che ho definito, in una recensione, come un gelato alla frutta imbevuto di lacrime e che mi ha emozionato molto.
C.R. “Il booktrailer di Istantanee è molto coinvolgente. Ho letto che sono racconti che ti hanno accompagnato durante gli anni in cui la tua vita ha subito importanti cambiamenti. Possono definirsi autobiografici? E sei anche tu un sognatore diurno?”
Ti è piaciuto? Grazie mille, mi fa molto piacere! Gli sono molto affezionato, perché è stato girato proprio in casa mia, una domenica pomeriggio, con delle luci, una GoPro e alcuni amici… ricordo quel pomeriggio come uno dei più divertenti dello scorso anno. Alcuni racconti di “Istantanee” hanno qualcosa di mio al loro interno, lo ammetto. Credo sia impossibile, per me, distinguere completamente la mia vita reale dalla mia vita letteraria… metterò sempre qualcosa di mio nelle mie storie. Non sono tutti, per forza, autobiografici; questo ci tengo a dirlo. Bisogna essere sognatori diurni per sopravvivere.
T.P.: “Preferisci un’ambientazione contemporanea o del passato?”
Nel passato! Trovo le ambientazioni passate più confortanti. Anche se il romanzo che sta attualmente attraversando la fase di editing (e che uscirà tra il 2018 e il 2019) è ambientato nella Madrid dei giorni nostri e tratta tematiche estremamente attuali. In quel periodo di scrittura avevo necessità di raccontare qualcosa che fosse più vicino al nostro tempo. In questi mesi, invece, sono tornato nella brughiera inglese e sto scrivendo una storia ambientata nel 1800.
C.P.: “Ciao Matteo! Vorresti affrontare altri generi letterari in futuro? E quali progetti hai in cantiere riguardo alla scrittura?”
Ciao! La mia scrittura è sempre divisa tra racconto e romanzo; col tempo ho capito che entrambe le forme fanno parte di me. Per quanto riguarda il genere, chi lo sa?! Resto aperto a quello che l’inchiostro vorrà trasmettermi. Credo che non scriverò mai un thriller o un giallo o un romanzo erotico – questo è certo. Al momento sono al lavoro sul mio quarto romanzo, che mi riporta alle atmosfere delle brughiere inglesi, e su una nuova antologia di racconti lunghi, che vorrei dedicare alla celebrazione della Natura.
C.L.: “Ciao Matteo, quando preferisci scrivere, durante il giorno oppure…?”
Cerco di ritagliarmi del tempo per scrivere in mezzo agli impegni quotidiani, al lavoro, alle incombenze che piombano anche all’improvviso. In genere scrivo di pomeriggio o la sera, prima di addormentarmi. Ah! Scrivo sempre tutto a penna; solo a romanzo terminato ricopio su pc.
C.L.: “Ti immagino mentre non vedi l’ora di prendere la penna in mano…”
Devo ammettere che è una delle sensazioni più belle che si possano provare: l’esigenza della penna, la sua abitudine, il suo scorrere che lascia un segno, una traccia; che racconta qualcosa! Non è scontato affermare che, oltre alla volontà, serve la cosiddetta ispirazione: esiste davvero, non è un falso mito. Ma quando entrambe si uniscono, il suono della penna sulla carta diventa la mia colonna sonora preferita.
R.A.: “E dove scrivi? consumi risme di carta o su quaderni?”
Ho una marea di quadernini e ne porto sempre uno con me. Non si sa mai che arrivi la frase giusta da appuntare.
T.P.: “A parte zia Jane, cosa ti piace del periodo Regency?”
Mi piacciono la sua accortezza, il suo buongusto, l’attenzione nei confronti del peso delle parole, dei sentimenti (mai gettati al vento, ma soppesati, con consapevolezza). E’ un mondo così diverso rispetto a quello attuale, dove tutto viene urlato, dato per scontato, gettato via per mancanza di volontà, pazienza o dedizione. Ovviamente c’erano anche molti difetti (culturali, tecnologici, …) che ad oggi renderebbero la vita ben più difficoltosa – basti pensare a questa bella chiacchierata virtuale, che all’epoca sarebbe stata impensabile. Insomma, ogni epoca ha il suo bello e il suo brutto, e fin qui non v’è nulla di nuovo; ma se posso respirare un po’ di brughiera e portarla nella mia cittadina d’asfalto mi sento felice di poterlo fare.
R.A.: “Se non ricordo male sei stato all’ultimo Salone del Libro a presentare le tue Istantanee? Com’è stata questa esperienza?”
E’ stato uno dei giorni più emozionanti e felici della mia vita, davvero! Ero già stato al Salone, come fruitore e lettore e – dentro di me – covavo il sogno di parteciparvi come autore. Quest’anno, nell’entrare al Lingotto, l’ho fatto “in punta di piedi”, con una pura emozione nell’animo. Presentare il mio ultimo figlio in quella cornice è stata un’esperienza che non cancellerò mai dalla mia storia. Vedere persone sconosciute che prendevano tra le mani “Istantanee” e decidevano di portarlo con loro è stato incredibile. Non ci si abitua mai, davvero!
A.F.: “Com’è il tuo rapporto con i lettori. Quando scrivi fai riferimento a un target e in qualche modo lo tieni presente oppure non te ne preoccupi e pensi solo all’arte?”
Onestamente non penso a un target preciso, lo ammetto. Scrivo a seconda di quello che sento e ambiento la storia nel periodo più consono a seconda di dove necessito di rifugiarmi. Per quanto riguarda il rapporto coi lettori, quando ricevo dei feedback (positivi o negativi che siano) cerco, dove è possibile, un dialogo, per comprendere o farmi comprendere.
A.F.: “Hai pubblicato già diversi romanzi e raccolte di racconti e sei al lavoro su nuove idee. Quindi hai accumulato un po’ di materiale per poter iniziare a fare ragionamenti complessivi: quali pensi che siano i messaggi generali della tua scrittura? Cosa ti piace/senti l’esigenza di comunicare?”
C’è la componente del sogno, quella della ricerca di una strada che sia in linea con un sentire intimo e determinato; c’è la componente del sentimento, l’attenzione ai piccoli dettagli, ai sussurri, all’essenza delle parole e al loro significato; ci sono tematiche legate alla Natura, alla Letteratura. I valori sono centrali nelle storie che racconto: cerco di narrare le vicende di personaggi che lottano per i propri ideali, anche se difficili da raggiungere (come accade nel romanzo che sto attualmente scrivendo). Ogni tanto mi è capitato di inserire tematiche sociali (nel romanzo che è attualmente in editing, per esempio, che affronta il mondo LGBT).
T.P.: “C’è un personaggio dei tuoi scritti a cui sei più legato?”
Provo affetto per ogni mio protagonista o eroina. Ma ce n’è uno che sento di conoscere intimamente: si chiama Charlie e lo conoscerete non appena il romanzo verrà pubblicato (è attualmente in fase di editing). Mentre scrivevo la sua storia, avevo la sensazione di avercelo a fianco. E’ stata un’esperienza unica, quasi una catarsi.
R.A.: “Il tuo rapporto con il fantasy?”
Il fantasy mi ricorda il mio approccio con la lettura: dalle favole che leggevo e mi venivano lette, ai primi libri che mi sono stati regalati (non posso non citare Harry Potter, con cui sono cresciuto. Avevo la stessa età di Harry quando uscì il primo libro!) e ho amato. E, come dimostra la foto che hai postato, mi ricorda anche il primo approccio – acerbo, ma tenerissimo – con la scrittura. Sebbene sia un genere che oggi non affronto quasi più – salvo qualche piccola eccezione – fa parte certamente delle mie radici.
R.A.: “Posso chiederti come hai fatto a calarti nel punto di vista di Rosie nel romanzo Irraggiungibile?”
“Irraggiungibile” è un romanzo dedicato all’amore non corrisposto, un sentimento che – quando questa storia è nata nella mia testa – conoscevo alla perfezione. Ho vissuto di un amore non corrisposto per tre lunghi anni, durante i quali ho sperimentato sulla mia pelle il dolore di questa privazione. Rosie è stata il mio alter-ego in questa fase di scrittura. Ero pregno dei romanzi vittoriani e li sentivo così vicini a me in quella fase di estremo dolore. Ho cercato di vedere la cosa dal suo punto di vista, attraverso gli occhi e l’animo di questa eroina che mi aveva appoggiato la sua mano sulla spalla, quasi per consolarmi, darmi forza, farmi capire che la mia storia la conosceva anche lei – e che era lì per raccontarmela.
R.A.: “Ci vuoi parlare di Cappuccetto Rosso, racconto contenuto in Istantanee che – tra gli altri – mi ha incuriosito per il titolo e per la rivisitazione che ne hai fatto?”
Ci sono volte nelle quali, leggendo un testo (racconto o romanzo che sia), si ha l’impressione che la stessa storia possa essere raccontata da un punto di vista differente, forse più interessante. E’ questo il caso – o, almeno, così è stato per me. Prendere “Cappuccetto Rosso” e raccontarla dal punto di vista dell’unico “personaggio” che assiste a tutte le vicende – antecedenti e successive – mi sembrava intrigante e divertente. Da qui è nata l’idea del racconto… e il cestino ha un caratteraccio che non può lasciare indifferenti; provare per credere!
R.A.: “Vedo diverse antologie tra le tue pubblicazioni, qual è il genere letterario in cui ti senti più a tuo agio, il racconto? Hai mai scritto poesie?”
Solo due: la prima dedicata a mio nonno, gliela regalai un Natale di molti anni fa; la seconda la scrissi dopo la fine della mia prima storia d’amore e credo di non averla mai fatta leggere a nessuno! Romanzo e racconto sono entrambe forme letterarie che sento nelle mie corde. A seconda di quello che vorrei andare ad affrontare (e a raccontare) mi trovo poi a scrivere uno o l’altro genere. Ci sono storie che necessitano di poche pagine per arrivare a una conclusione; altre, invece, necessitano di uno sviluppo maggiore. Mi piace esprimermi in entrambi i modi. Non sempre il racconto è “più semplice” del romanzo; entrambi i genere hanno i loro agi e i loro ostacoli.