I giorni di giugno, ora passano, ora passano così – recita una bellissima canzone di Fabrizio Moro. E, a voler ben vedere, in effetti, questo sesto mese dell’anno è “passato un po’ così”. Si è trattato di un mese complicato, per quanto mi riguarda: settimane poco fluide, difficoltà interiori e tanta incomprensione mi hanno tenuto la mano in queste ultime giornate (e ancora non mi hanno abbandonato). Nonostante tutto ciò che si è frapposto tra me e la mia serenità, sono riuscito anche questo mese a leggere sei libri. Ve ne parlo subito, in questo nuovo #WrapUp.

1) Nettlesfield, di Antonella Vitali (Vintage editore)

Un esordio letterario credibile e appassionato, una scommessa editoriale – come sempre, quando si tratta di Vintage editore – vinta, un per chi ricerca un sospiro sepolto dallo scorrere del tempo, per chi sceglie coscientemente di dedicare del tempo a rispondere ai perché, per chi ha compreso – crescendo – il valore di una promessa e che prima di pronunciarne una a cuore aperto soppesa cause e conseguenze, sottraendosi a un facile sorriso in favore della verità.

Ne trovate la mia recensione completa, pubblicata a inizio giugno sul blog, cliccando qui.

 

 

 

 

2) Eco dal fosso, di Federica Caponi (Milena edizioni)

Eco dal fosso è un graphic novel edito Officina Milena che riesce ad apparire immediatamente riconoscibile e suggestivo sin dalla prima volta in cui l’occhio del lettore incontra il tratto dell’autrice; a coronare la piacevole, intensa esperienza di lettura vi sono i testi – un corredo imprescindibile e ben coeso alla grafica che concede un’immersione ancor più efficace nell’emotività di una storia breve ma dalla valenza non indifferente.

Virginia è la protagonista di questa storia vissuta in bilico sul sottile (dis)equilibrio che bilancia l’ordinarietà, le convenzioni e la rivendicazione del sé: una donna intrappolata in un ruolo sociale che si trasforma in incubo, nel baratro che inghiotte, soffoca, cambia il quotidiano per sempre.

Ne uscirà la mia recensione completa sul portale InkBooks prossimamente.

 

 

3) La carta da parati gialla e altri racconti, di Charlotte Perkins Gilman (Caravaggio editore)

Charlotte Perkins Gilman ci racconta, metaforizzandolo, ciò che ha provato nella condizione di forzata sedentarietà a cui venivano sottoposte le donne a seguito della gravidanza – ma non solo: tale pratica medica veniva caldamente consigliata e adeguatamente imposta in tutti i casi di sospetto esaurimento nervoso. Un simile, forzato riposo però portava il più delle volte a un peggioramento della condizione psicologica del paziente, aumentandone il senso di intorbidimento e generando più problemi che sollievi.

La scelta autorale di raccontare le vicende sotto forma di diario segreto rende il tutto ancor più viscerale e permette al lettore un’identificazione molto forte. La carta da parati della “casa vacanze” che la protagonista inferma osserva dal proprio letto appare, di conseguenza, anche di fronte ai nostri occhi, portati a nutrirsi involontariamente delle medesime visioni e di tutto il carico emotivo di cui queste pagine sono permeate. La carta da parati gialla è l’estroflessione del malessere interiore di Charlotte (la Charlotte autrice e la Charlotte d’inchiostro – non a casa, questo racconto viene fortemente caratterizzato dalla pervasività dell’autobiografia): lei è la stanza, il dolore è la carta da parati – che muta forma, che soffoca, che non lascia scampo alla salvezza e che condurrà la protagonista all’incontro con la follia.

Anche in questo caso, trovate la mia recensione completa cliccando qui.

4) Macabro quiz, di Agatha Christie

Ormai la zia Agatha è una grande certezza della mia vita da lettore. Anche in questo caso, la sua penna costruisce un’architettura praticamente perfetta, spalancandoci le porte di un collegio femminile tra le cui mura si cela un misterioso assassino, dedito a decimare il corpo insegnanti col desiderio di impadronirsi di un antico tesoro. Sarà il celeberrimo Hercule Poirot (sebbene compaia solo nelle ultime pagine) a mettere ordine nella confusione, a smentire i miei sospetti (come di consueto) e a portarci all’illuminazione conclusiva – oltre che allo stupore.

 

 

 

 

 

5) La fonte della vita, di Bergsveinn Birgisson (Iperborea)

Ci troviamo verso la fine del Settecento, in Danimarca, quando il protagonista de La fonte della vita – Magnús Árelíus, di cui seguiremo ogni vicissitudine esperienziale e morale – si trova a essere scelto per una missione il cui scopo ultimo sarà la deportazione degli abitanti dell’Islanda al fine di impiegarli nella nascente realtà industriale di Copenaghen. Lo spostamento territoriale e l’avvicinamento alla meta, descritte quasi rappresentassero un resoconto storico (in tal senso, risulta riconoscibilissimo lo stile narrativo che caratterizza i testi di Bergsveinn Birgisson), apriranno, a partire dalla seconda metà del romanzo, la strada a un’investigazione interiore più profonda che lascerà in sospeso per buona parte delle pagine a seguire la superficialità pratica dei primi capitoli.

Ecco che, come risvegliato dopo un sonno permeato da un’avvolgenza soporifera e deviante, Magnús Árelíus avrà l’opportunità di comprendere – e, insieme, di comprendersi – sperimentando la preziosità del suo viaggio, trasformando il proprio itinerario in un itinerario di maturazione, in un viaggio di formazione, nell’iniziazione alla vita tangibile, all’accoglienza dell’altro da sé. Bergsveinn Birgisson somma l’esperienza territoriale a una concreta educazione alla cultura straniera unendola, come spesso accade nei romanzi editi Iperborea, all’accorto focus sull’imprescindibile – quanto, spesso, sottovalutato – rapporto uomo-Natura: ne “La fonte della vita”, infatti, pulsa l’idea che le radici – delle piante, ma anche della nostra umana specie – possano rimanere ancorate saldamente a un incipit, ma venga loro concessa sempre la possibilità di allungarsi verso limiti imprevisti.

Ne uscirà una mia recensione completa sul portale InkBooks.

6) Profumi, di Paola Bottai (DeA)

L’universo della profumeria, l’avvolgenza delle essenze, la storia delle fragranze raccontata in prima persona da un naso, da una creatrice di profumi, da chi ha reso un amore, una predisposizione, un dono il fulcro della propria esistenza, scegliendo di circondarsi di effluvi, narrazioni olfattive e sensazioni. Paola Bottai ci confida la sua storia e, insieme, ci spalanca le porte su un universo colmo di fascino, dotato di un’irresistibile spontaneità, di una propria valenza culturale, sociale e umana. Il mondo dei profumi e tutte le sue declinazioni presentate con passione e competenza, rese curiose e accessibili con un linguaggio che avvicinerei a una sorta di filosofia dell’olfatto. E ciò che più di tutto mi ha colpito è stato, di certo, il constatare quanto il mondo dei profumi e quello della scrittura siano avvicinabili e possiedano, davvero, tante sfaccettature comuni.

 

 

 

Se siete arrivati fin qui, grazie. Non farò congedi superflui. Confido solo che luglio possa essere un mese migliore.
Buone letture a tutt*!