Stavo pensando agli alberi. Pensavo alla loro immensa stabilità, al loro placido e muto proseguire, alla discreta forza che tentano di insegnarci.
Stavo pensando al loro sacrificio, alla resina che si perde, alle cortecce incise per dare spazio alle iniziali degli innamorati. Chissà se ogni tronco continua a chiedersi che fine abbiano fatto le mani che lo hanno marchiato, se ancora si sfiorano nella luce soffusa, se prosegue il loro assurdo cercarsi. Dopo aver lasciato una traccia non si può pretendere che essa si annulli, che sprechi l’occasione di emergere, di splendere allo scopo di farsi finalmente percepire.
Stavo pensando a quelle due iniziali incise sul tronco di un gelso, dello stesso gelso che ha ascoltato i nostri sogni – prima che finissero -, protetto i nostri sorrisi – prima che si spegnessero -, coperto le nostre guance infrante dalle lacrime – prima che cancellassero per sempre ogni traccia di inconsapevolezza. Stavo pensando che quel tronco non esiste più, mi stavo chiedendo che fine avessero fatto le nostre iniziali.
E in questo mio pensare ho preso un foglio di carta, lo stesso che ora stringi tra le dita, quello su cui ho dato spazio ai miei scarabocchi d’inchiostro. L’ho distrattamente osservato controluce, mentre un raggio di sole tiepido lo incrociava, illuminandolo. E in quell’attimo, nell’inaspettata meraviglia di un battito, le ho riviste, nitide e taglienti: le nostre iniziali.