Come abbiamo già ricordato diverse volte in questa rubrica, l’analisi delle opere incompiute di Jane Austen consente di ripercorrere quei ponti immaginari che fanno da collegamento diretto alle opere della maturità artistica dell’autrice inglese. Ne è un esempio importante la connessione esistente tra I WatsonPersuasione, nella fattispecie della tematica dell’amore perduto.

Elizabeth Watson (sorella di Emma) ha perduto il proprio amore a causa di un’angosciosa vicenda che ha per protagonista la sorella minore Penelope:

[…] io ero molto legata ad un giovane di nome Purvis, un caro amico di Robert, che era solito trascorrere molto tempo con noi. Pensavano tutti che ci saremmo sposati. […] Ti chiederai, naturalmente, perché ciò non è avvenuto e perché egli abbia sposato un’altra donna, mentre io sono ancora nubile. Ma tu devi chiederlo a lui, non a me, e devi chiederlo a Penelope. Sì, Emma, Penelope fu la causa di tutto. Ritiene che per conquistare un marito qualsiasi cosa sia lecita: io mi sono fidata di lei, ed ella invece lo istigò contro di me con l’intento di prenderselo, e andò a finire che egli smise di venirmi a trovare, e subito dopo sposò un’altra. Penelope non dà importanza alla sua condotta, ma io considero gravissimo un tradimento simile. È stata la rovina della mia felicità. Non potrò amare nessun’uomo come ho amato Purvis.”

Ella, come abbiamo visto nella puntata precedente, sarebbe comunque disposta a sposarsi con chiunque possegga una discreta rendita ed un’amabile indole. Una simile, infelice condizione verrà riproposta nella narrativa austeniana nel capolavoro intitolato Persuasione. Anche Anne Elliot ha perduto il suo unico, grande amore, ma la sua indole – e l’intensità della trama – le permette di affrontare il proprio infelice Destino con idee essenzialmente opposte a quelle di Elizabeth Watson:

“È finita, è finita!”, continuava a ripetersi, con un senso di ansiosa gratitudine. “Il peggio è passato!” […] Lo aveva veduto. Si erano incontrati. Ancora una volta erano stati insieme nella stessa stanza! Ma non tardò a ragionare con se stessa, a cercare di placare l’intensità delle sue sensazioni. Erano passati otto anni, quasi otto anni da quando tutto era finito. Com’era assurdo ritrovare l’emozione che un così lungo intervallo aveva ricacciato in una vaga lontananza! Che cosa non potevano fare otto anni? Avvenimenti di ogni tipo, mutamenti, perdite, trasferimenti, – tutto, tutto doveva rientrare in quegli otto anni; e oblio del passato – era naturale, era certo! Si trattava di quasi un terzo della sua vita. Ahimè! a dispetto di tutti i suoi ragionamenti scopriva che otto anni potevano essere poco più che nulla per sentimenti durevoli.

Anne ed Elizabeth possiedono indubbiamente un’indole e una sensibilità agli antipodi e questo modo di affrontare le rispettive infelicità ne è la degna dimostrazione. Il pensiero di Jane Austen era, presumibilmente, prossimo a quello della protagonista di Persuasione, alla quale ha concesso la possibilità di vivere appieno la propria storia (lusso negato, invece, alla Elizabeth de I Watson).