Da appassionato di scrittura quale sono amo, talvolta, costruire delle storie attorno ai personaggi della storia letteraria che più amo. Così, mi sono chiesto cosa potesse aver spinto Jane Austen ad interrompere la stesura de I Watson. Vi propongo una possibilità, sicuramente fantastica e irreale, ma dal retrogusto misterioso e suggestivo, che vede la nostra scrittrice nei panni di una veggente “inquietante”.

L’anno in cui lei rinunciò al romanzo, il 1805, coincise con eventi che lecitamente le tolsero la voglia di scrivere”, ci racconta Dara Kotnik nella sua biografia dell’autrice. Uno di tali eventi, e certamente il più significativo, fu la morte del padre, il Reverendo Austen. Dato che I Watson si interrompe proprio mentre la morte di Mr. Watson era prossima ed inevitabile – come l’autrice raccontò alla sorella Cassandra (tale informazione è reperibile nell’aggiunta alla seconda edizione del Memoir, avvenuta nel 1871) – , e proprio nel 185 il padre di Jane esalò il suo ultimo respiro, non risulterebbe eccessivamente astratto, considerata anche la mentalità dell’epoca, che l’autrice ritenne doveroso quantomeno accantonare il romanzo (che tuttavia, come sappiamo, non verrà mai ripreso).

A tal proposito, è già stata presentata un’ipotesi: ne ha parlato Nadia Fusini, in un articolo uscito su “La Repubblica” nel 2011. La studiosa scrive: “nel 1805 il padre morì e Jane interruppe il romanzo […]. Che abbia pensato di averlo ucciso lei, perché così era previsto nel romanzo? Chissà. Comunque a queste pagine non tornò, anche se nel nome e nello spirito l’eroina di queste pagine ricompare in altre eroine e in altre pagine a venire”.

Nessuno, logicamente, ritiene che Jane Austen desiderasse la morte del padre, di colui che più di tutti l’aveva sostenuta nella sua carriera letteraria, inviando lettere e richieste di pubblicazioni ai più disparati editori inglese, ma non è da escludersi che un lieve senso di colpa possa aver destinato I Watson all’incompiutezza.

In Emma, oltre a ritrovare il nome (e la “W” che lega le iniziali dei cognomi), rispunta un padre anziano, di cui la figlia si prende cura; il signor Woodhouse, tuttavia, è semplicemente un ipocondriaco che non intende separarsi dall’ultima figlia rimastagli (la sorella di Emma, infatti, è già sposata da tempo al momento della narrazione) e, nonostante per quasi la totalità del romanzo ripeta costantemente di essere tragicamente prossimo alla fine, sopravvivrà ancora del tempo anche in seguito al lieto matrimonio tra Emma e George Knightley.