In uscita oggi – martedì 9 luglio 2019 – la nuova edizione di Papà Gambalunga, il noto romanzo della scrittrice statunitense Jean Webster che trova una nuova vita e si presenta al pubblico italiano in un’edizione, come sempre, curata con accortezza e passione da Enrico de Luca, curatore della collana “I Classici Ritrovati” editi Caravaggio Editore. Apparso originariamente nel 1912, Papà Gambalunga è da sempre considerato, in Italia, un libro per ragazzi (alla stregua de Il giardino segreto, la Saga di Anne di Tetti Verdi e via dicendo), le cui censure e adattamenti, quindi, sono stati accettati senza furenti proteste. Come già accaduto per altri romanzi e racconti, ecco che il lavoro di Enrico de Luca ci presenta un’edizione di questo romanzo completa, annotata e affidabile.

Papà Gambalunga può rientrare tranquillamente nella stregua dei romanzi epistolari: trattasi, infatti, di un compendio delle lettere che la giovane protagonista – Jerusha Abbott (detta Judy) – invia periodicamente al proprio, sconosciuto benefattore che l’ha liberata dalla condizione di abitante di un orfanotrofio, ha scelto di pagarle gli studi e consentirle un’istruzione al fine di aprirle la strada alla carriera da scrittrice. L’unico compenso, oltre alla di lei felicità, che il benefattore misterioso – genericamente introdotto come Mr. Smith – richiede è la stesura di una lettera ben scritta ogni mese. Judy, ad ogni modo, si troverà a scrivergli molto più spesso, desiderosa di rendere partecipe il più possibile il suo Papà immaginario circa i suoi progressi, la sua maturazione personale e culturale, i suoi rapporti umani. In questo pretesto si può intravedere il topos dell’orfano che ritrova un proprio ruolo all’interno della società grazie a una sua qualità, inizialmente nascosta (un po’ come accade in Grandi Speranze di Dickens): nella fattispecie, la giovane Judy potrà riscattarsi grazie alla sua abilità narrativa, cercando di concretizzare l’obiettivo di vivere della sua penna.

Il soprannome Papà Gambalunga compare dai primi invii epistolari e rimanda al fatto che Jerusha idealizza la figura di uno sconosciuto senza nome, senza volto, senza voce, immaginandolo come un uomo alto, molto ricco e misoginoQuando penso a voi, la mia immaginazione, ha ben poco su cui lavorare. Ci sono solo tre cose che so: 1. Siete alto; 2. Siete ricco; 3. Odiate le ragazze. Magari potrei chiamarvi Caro Signor Odiatore di Ragazze, ma sarebbe una sorta di insulto per me. Oppure Caro Signor Riccone, ma sarebbe offensivo per voi […] Inoltre, essere ricchi è una qualità talmente esteriore. Forse non sarete ricco per tutta la vita; molti uomini assai intelligenti sono stati rovinati a Wall Street. Ma almeno potete rimanere alto per tutta la vita! Quindi ho deciso di chiamarvi Caro Papà Gambalunga. In natura, inoltre, esiste un ragno – generalmente conosciuto con il nomignolo di “ballerina” – che viene anche denominato Gambalunga (questa associazione verrà esplicitata anche all’interno della narrazione). Ho voluto riportare questo passaggio iniziale del romanzo, poiché – a mio avviso – vi si possono trovare due elementi di forte impatto in questa opera di Jean Webster, ovvero l’importanza dell’immaginazione e la critica sociale. Se il primo aspetto mi ha riportato con emozione alla Saga di Anne, nella quale l’immaginazione è fulcro e movimento di azioni, incomprensioni e maturazioni, non ho potuto fare a meno di pensare che l’accenno a Wall Street rappresenti un elemento di disturbo in questo esordio di narrazione. Sembrerebbe quasi che l’autrice intenda segnalare quanto l’uso – anche smodato, come quello che ne fa la sua protagonista – della fantasia sia meno rischioso dell’abuso di denaro e dello sfoggio vanesio di ricchezze esteriori.

Un altro elemento di eccezionale interesse – sebbene questo sia appena accennato – è la tematica del tempoSapete, Papà, non è lo studio che sta per diventare arduo al college. È il tempo libero. Durante la metà del tempo non comprendo di cosa le ragazze stiano parlando: i loro scherzi sembrano collegati a un passato che tutte, tranne me, hanno condiviso. Sono una straniera nel mondo e non capisco la loro lingua. Ecco che l’autrice ci pone dinanzi a uno dei topoi più ancestrali presenti in questo romanzo. In questo breve paragrafo, Jean Webster ci presenta la tripartizione del tempo e la natura inesorabile di ciascuna di esse: il tempo perso del passato, il tempo difficile da gestire del presente e il tempo ignoto del futuro. Tutti noi – Jerusha Abbott compresa, dobbiamo necessariamente fare i conti col tempo, per quanto ciò rappresenti un’impossibilità da accettare con passività.

Interessante è, senza dubbio, l’inserimento da parte dell’autrice di frammenti di narrazione nelle quali Judy espone al proprio lettore informazioni in merito ai suoi programmi di studio e alla vita scolastica (materie, svolgimento delle lezioni, argomenti trattati, letture e autori, rapporti tra gli studenti); questo ci dà la possibilità di entrare ancor più concretamente all’interno della psicologia della protagonista e di comprenderne i suoi sviluppi emotivo-cognitivi.

Il romanzo è, inoltre, corredato da tutta una serie di illustrazioni (le stesse presenti anche nell’edizione originale di Daddy Long Legs) che altro non sono se non i disegni coi quali Judy impreziosisce, ogni tanto, le lettere che invia. Ritengo che fatto di averle riportate anche nell’edizione italiana sia da considerare un pregio ulteriore di questa edizione Caravaggio.

Quella che seguirà è pura speculazione, ma non sono riuscito a trattenermi; mi si perdoni. Ad un certo punto del romanzo, compare il cognome Montgomery. Ora, pur consapevole che non sia raro nel continente americano da cui Jean Webster proviene, non ho potuto fare a meno di pensare che la scrittrice intendesse, in qualche modo, abbia voluto omaggiare un’altra scrittrice – Lucy Maud Montgomery. Molte delle tematiche presenti in Papà Gambalunga, infatti, si possono ritrovare anche nei romanzi della “mamma” di Anne Shirley (l’immaginazione, la bambina orfana, l’ambientazione bucolica, il potere dei sogni, le costanti citazioni di/ad altri autori del passato…). Insomma, le affinità tematiche ci sono tutte – sebbene stilisticamente esista un abisso tra le due autrici.

Con lo scorrere delle pagine, arriviamo a scoprire fatti ed evoluzioni e incontriamo altri personaggi più o meno pregnanti. Quello che resta vivo e costante è, senza dubbio alcuno, il divario più volte sottolineato esistente tra il contesto ameno e campestre e quello soffocante e senza speranza dell’orfanotrofio – condizione del tutto comprensibile e ben proposta dagli autori che si sono occupati di questa tematica. Jerusha crescerà, attraversando momenti di sconforto e rabbia derivanti dall’inconsapevolezza di chi sia il proprio benefattore e attimi di entusiasmo e vitalità caratteristici di chi, ancora giovane, mantiene viva l’illusione della luminosità del domani. Grazie a questa crescita e all’erudizione, alla lettura e all’accrescimento dei rapporti umani coltivati nella sincerità e nella condivisione, Judy sentirà, man mano, di essere divenuta una “donna migliore”.

Il finale, per me che non conoscevo affatto le vicende di Judy Abbott e del suo Papà Gambalunga (ebbene sì, non avevo neanche visto la famosissima trasposizione a cartoni animati, mea culpa!) è stato sinceramente destabilizzante. Proprio per questo motivo, non lo svelerò né lascerò accenni circa l’identità di colui che si cela dietro i lunghi arti da ragno di Papà Gambalunga. Che ogni lettori si avvicini a questo testo con la viva curiosità di scoprirlo. Grazie a Caravaggio Editore e a Enrico de Luca, da oggi, possiamo felicemente affermare di poter leggere un altro classico ritrovato in un’edizione degna di portare questo appellativo sul suo frontespizio.

Buona lettura a tutti.