Entrare in un museo, generalmente, è l’incipit di un’esperienza rassicurante e immersiva. La scoperta di pennellate, invenzioni, percorsi e voci nuove è quanto anima la museologia e la critica d’arte, ciò che spinge ogni giorno migliaia di visitatori a varcare le soglie dei musei più conosciuti del mondo – nonché delle piccole gallerie d’arte dei borghi più affascinanti.
Ma coloro che varcano l’ingresso del Museo delle Promesse Infrante di Parigi sono alla ricerca di un’altra forma d’evasione. Qual è il criterio espositivo del museo?, verrà esplicitamente chiesto da uno dei personaggi nel corso della narrazione. Abbiamo impiegato molto tempo a capire quale fosse il più efficace. Alla fine, abbiamo optato per un principio di appartenenza. Gli oggetti domestici, per esempio. L’abbigliamento. Non funziona sempre. Ma esporre gli oggetti in ordine cronologico era troppo difficile, dal momento che le sale circostanti cambiano di continuo.

E il medesimo cambiamento spaziale lo subirà anche il lettore de Il museo delle promesse infrante, romanzo edito Nord, figlio della penna di Elizabeth Buchan: un costante andirivieni nel tempo e nello spazio, tra l’Est e l’Ovest d’Europa, tra gli anni ottanta del Novecento e la contemporaneità. Il museo è una realtà nuova – dichiarerà Laure, ideatrice e curatrice del Museo delle Promesse Infrante – non istituzionale. Si rivolge a quelli che normalmente si sentono esclusi, che forse non vanno mai nei musei. Riesce a valicare i confini che gli altri musei devono rispettare.

E proprio di confini si parlerà lungo tutto l’arco della narrazione: Il museo delle promesse infrante, infatti, non racconterà al lettore la genesi, lo sviluppo, la vita del museo che dà il titolo al romanzo. Quello che, superate le prime, affascinanti pagine, emergerà sarà, invece, una narrazione rivolta tendenzialmente alla ricostruzione storica e sociale degli anni di fermento politico-istituzionale che hanno interessato i territori europei protagonisti dei diversi salti spazio-temporali presenti nel romanzo. Uno sguardo diverso, un punto di vista insolito ma che ha necessariamente poco a che fare con il pretesto iniziale messo su carta della scrittrice.

Da questo punto di vista, a mio avviso, Il museo delle promesse infrante pone il lettore in una posizione di confusione, di smarrimento: quella che sembra sorgere come una storia delicata e nostalgica, che ha come focus un luogo dove poter ritrovare se stessi per mezzo delle storie degli altri, si trasforma in una carrellata di ideali politici e fatti storici debolmente sfiorati, raccontati per mezzo di una penna poco intrigante. Se le parti del romanzo dedicate al Museo riescono a mantenere viva l’attenzione del lettore, le pagine dedicate alle vicende che si svolgono a Praga o a Berlino sono risultate, quantomeno a me, lievemente farraginose, dilatate e poco accattivanti. Probabilmente mi aspettavo una trama differente, uno sviluppo più romantico e meno storico, una vicenda interamente costruita attorno alle mura del Museo delle Promesse Infrante che tanto era stato capace di catturare la mia attenzione (tanto da spingermi a considerare cosa io stesso avrei potuto donare al Museo per arricchire la sua collezione).

Il museo delle promesse infrante è il secondo romanzo letto per il progetto #RagazziTraLePagine, progetto che potete facilmente seguire su Instagram, cercando l’hashtag dedicato e seguendo i nostri profili. Prossimamente torneremo con un’altra lettura, che condivideremo con voi. Se vi va di prendere parte al nostro progetto e al nostro scorrere delle righe sulle pagine… vi aspettiamo!

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Interessante. Credi che sia perché le promesse vengono infrante con sempre maggiore difficoltà? O perché è più difficile mantenerle?