Rimane Calipso. Lascia andare Odisseo.
Per poter continuare a vivere il sonno, anziché il sogno, così umano.
[…]
Arriva qualcuno (Uno) e ti risveglia. Non importa quanto lungo sarà il percorso che porterà ad abbracciare la propria isola: ciò che è importante è proprio quel percorso. Il viaggio.

Esistono libri capaci di imprese che difficilmente persino gli esseri umani riescono a compiere; esistono libri che possono giungere, con le loro righe e le loro sensibilità, fino al centro dell’anima del lettore e a instaurare una connessione, un’elettività, una forma comunicativa che va al di là della sola esperienza di lettura. Leucoidea. Nel nome dell’io di Barbara Termine (ed. La Torre dei Venti) è un romanzo che appartiene a questa categoria. È sempre complesso parlare di un romanzo, quando è il romanzo stesso ad aver già detto tutto, quando sono state le emozioni a consentire uno scambio bilaterale tra la carta e il cuore.

Barbara Termine costruisce l’architettura (e chi meglio di lei?) di Leucoidea suddividendone la narrazione in tre grandi blocchi, in tre parti che sembrano i tre tempi di un incredibile spettacolo, di una relazione costante tra la contemporaneità e la classicità, tra il mondo degli uomini e le vicissitudini leggendarie che colorano le mitologie. Una commistione interessante, che porta il lettore alla continua creazione di parallelismi, di confronti, di immedesimazioni – perché i miti sono abiti che l’umanità indossa per giustificare le proprie debolezze, gli scivoloni, le perversioni che non ha l’ardire di rendere manifeste; i miti non sono giochi di fantasia di un passato senza spiegazioni: sono ancora una forma attuale del nostro io, e Leucoidea ne è l’esempio più recente.

Amore e Psiche non sono uomo o donna.
Sono dentro di noi.
Ognuno è, deve essere, contemporaneamente Amore e Psiche.
Dal loro equilibrio dipende il nostro equilibrio interiore. Cuore, anima e intelletto.

Barbara Termine prende il via da Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, ovvero  una serie di ventisette brevissimi racconti, strutturati in forma dialogica e scritti col l’intenzione di riscoprire, rivalutare e (ri)nobilitare il sostrato culturale della mitologia; l’autrice di Leucoidea, visceralmente devota a quest’opera particolarissima di Pavese, ha assorbito queste intenzioni facendole sue e cimentandosi in una vera e propria archeologia attualizzata del mito. Partendo da Leucò, Barbara Termine fonda la propria Leucoidea, trasportandoci nella Firenze dei giorni nostri in quella che, nelle prime pagine, appare immediatamente come una vera e propria dichiarazione d’amore alla città. Barbara Termine compie un’affettuosa ricostruzione storico-sociale, tessendo trama e ordito dell’arazzo della famiglia di Selene (personaggio cruciale in Leucoidea, ma anche – forse, soprattutto? – personificazione della Luna nella mitologia greca classica, nonché manifesto dell’autrice stessa) in seguito alla misteriosa scomparsa del padre Giuseppe Gaetano Talenti. Una vera e propria quête, che porterà Selene alla densa scoperta della storia dei suoi affetti, ma specialmente di sé.

Il Destino e il libero arbitrio non sono in contrapposizione. O l’uno o l’altro, incompatibili. C’è un Destino in divenire che si compie a ogni scelta. Dove anche ogni non scelta è una scelta. La rispondenza al proprio Destino, questa corrispondenza, è l’unico discriminante per la realizzazione del proprio sé.

Nel nome dell’io.

Non farti carico del mio Destino, Selene. Già il tuo è pesante.

L’accettazione di un Destino passa sempre attraverso la sospensione di due piedi nel vuoto, dall’alto di una rupe. Abbine paura. E, avendone paura, superane la paura.

Dall’alto di una rupe.

Nell’intenso dialogo – che è insieme uno scambio – tra concretezza e mito, Barbara Termine ci introduce alle voci che hanno circondato la figura di Giuseppe Gaetano Talenti. Lo fa comunicando con Leucò e con i protagonisti della mitologia, quasi assegnando a ogni suo personaggio un corrispettivo classico, una seconda identità che possa consentire a ciascuno di loro di essere davvero sincero, di levare ogni maschera – avendone, però, indossato una – di raccontare, finalmente, la verità. È in questa elegante commistione che ci troviamo a leggere – e vivere – una storia al limite dell’etereo.

La parte centrale di Leucoidea. Nel nome dell’io sembra quasi un canto, l’unione di versi, il susseguirsi di brevi nenie pronte a cullare il lettore senza, però, farlo mai sopire, lasciandolo vigile nel suo incanto, distaccato nella curiosità di dissipare ogni nodo.

Chi ha ucciso Giuseppe Gaetano Talenti?

Ignara che il problema non è il tempo.
Ma il tempo del tempo.
Nel giusto tempo.
Il momento.
L’attimo.
In cui le parole non appena dette sono già passato.

L’autrice sorprende, quando si giunge alla soglia della terza parte, svelando un coup de théâtre che stupisce e, insieme, scioglie la tensione, illumina la destinazione: in una cornice onirica, Barbara Termine e la sua Selene trovano le risposte che stavano cercando, la meta che sembrava scomparsa dalla mappa del Destino, la serenità dell’accettazione degli addii necessari, inevitabili. Specchiandosi nelle memorie del padre, e riconoscendosi in esse, anche Selene – che è Bianca – sente finalmente di essere all’altezza di proseguire la sua storia.

Leucoidea. Nel nome dell’io è stato, per me, un viaggio denso e intenso, una scoperta emotiva e d’immedesimazione. Perché Barbara Termine scegliendo di riportare sulla carta le figure del mito finisce per parlare di tutti noidel nostro terrore, del nostro coraggio, la nostra speranza. Soprattutto della nostra scoperta felice di promesse d’incontri. Di quegli incontri inattesi. […] così inafferrabili quanto ineludibili. E lo fa con maestria, con raffinata eleganza, con una predisposizione all’ascolto di sé e del proprio battito che irrimediabilmente – e in maniera bellissima – arriva dritto all’anima di chi affronta queste pagine, questa storia, universale e, al contempo, uguale solo a se stessa.

Un plauso, oltre che all’autrice, va alla casa editrice La Torre dei Venti, che ha consapevolmente scelto – con acume e sensibilità – di proporre il romanzo Leucoidea ai suoi lettori: un’esperienza che lascerà delle evidenze nei cuori, quel segno tangibile che solo l’incontro con un buon libro è capace di tracciare nel susseguirsi dei ticchettii.

Vorrei raccontarti del loro essere diventate schiuma d’onda, non onda. Perché un’onda è l’estrema potenza in atto. La schiuma d’onda è ciò che ne rimane al passaggio. La silenziosa testimonianza.

Il mio voto: 5/5 stelline

Dati tecnici:

Titolo: Leucoidea. Nel nome dell’io
Autore: Barbara Termine
Editore: La Torre dei Venti
Collana: Apeliote
ISBN: 9791280053107
Pagine: 222
Prezzo: 14.00 €

Trama: Ed ecco l’immagine. Il ricordo. La memoria. Quel libro. Dialoghi con Leucò di Cesare Pavese. Li ho letti ripetutamente i suoi dialoghi, adesso anche i miei dialoghi. Dal primo all’ultimo.
Ogni volta leggendoli come fosse la prima volta, scoprendone significati diversi, inusuali. Ogni volta ammirandone le infinite possibilità di lettura, traduzione. Commozione. Sono partita da qui. Sono partita con un desiderio, fino a quando ho avuto in mano pagine da sfogliare, sottolineare, commentare. Le pagine del mio libro. Il mio primo libro: Leucoidea. Adesso è irrefrenabile. È un’urgenza. Scrivere mi appartiene. Non sarà l’unico libro, un episodio, sarà il primo di molti.
Comunque vada.