La pelle degli uomini cambia a seconda dei posti e così cambia la vegetazione. In fondo, se ci riflettete, la vegetazione è la pelle del suolo.

Proprio nel cuore del periodo della pandemia che ha martoriato le vite, le solidità e le memorie di tutti noi lo scorso anno (questa narrazione, infatti, prende il via all’inizio di agosto 2020), Domenico D’Angelo pone l’incipit de Il martellatore francese – edito La Torre dei Venti – un romanzo Storico con la “S” maiuscola, all’interno del quale ci è possibile trovare un frammento di storia nostrana che precede l’Unità d’Italia. Utilizzando lo stratagemma di origine manzoniana del ritrovamento casuale di un manoscritto, l’autore mette in atto un’attenta opera di commistione, una felice unione tra elementi storici e di realtà e voli di fantasia e pura narrazione.

La storia si abbraccia alla leggenda tra le pagine de Il martellatore francese, dove il confine tra tangibile e invenzione è labile quanto lo spessore delle pagine che – davvero rapidamente – scorrono sotto gli occhi curiosi di chi si avventura in esse. In primis sarà la stessa narratrice ad appassionarsi al contenuto del manoscritto ritrovato; il suo entusiasmo coinvolgerà non solo gli altri ascoltatori presenti nel romanzo, ma varcherà i confini del testo per entrare appieno nei nostri pensieri.

Un romanzo che, oltre a rappresentare uno spaccato storico del nostro passato (frutto di un attento lavoro di archivio portato avanti dall’autore stesso, come ci viene raccontato nelle note conclusive), si caratterizza per la densità di pensieri filosofici, suggestive incursioni nella Natura e intense riflessioni sul bene e sul male, sul loro modo di agire, di manifestarsi e sui reciproci rapporti che possono intessere nel corso del tempo.

Mi sono accorto da vecchio, signor mio, che non è del tutto vero quello che ascoltavo da mia madre quando ero piccolo: “Eh, la vita è bella, ma in fondo in fondo si ricordano solo i fatti brutti”, diceva mia madre. Sono convinto che si ricordino soprattutto i fatti laceranti, non i belli, non i brutti, ma quelli che hanno lasciato cicatrici nel bene e nel male. E io mi porto dentro uno scavo piuttosto rabberciato da suture di dubbia stabilità.

Un romanzo che pulsa al ritmo dell’avanzare dei ticchettii della Storia: una Storia con i suoi segreti e i misteri inspiegabili – che fanno parte di lei proprio come della nostra stessa esistenza e che, forse proprio per questo motivo, ci lega irrimediabilmente a Lei e a quel racconto sempre vivo e mai pietrificato che si può leggere nelle righe dimenticate, ritrovate per puro volere del Fato e riportate alla luminosità del presente dalla curiosità incosciente di chi si appresta all’ascolto.

E il nostro ritorno al presente avviene per mezzo delle gesta del tutto ordinarie, che nulla hanno di straordinario e che possono – di conseguenza – essere assimilate facilmente alle nostre quotidianità, del martellatore francese che dona il titolo all’intera opera (ossia colui che era preposto a “martellare”, a marchiare gli alberi che potevano essere abbattuti allo scopo di costruire navi; un uomo che operava nel rispetto della Natura, assolutamente lontano e estraneo alle illogiche manovre della deforestazione, che con professionalità e coscienza sapeva scegliere gli “alberi giusti”, preservando l’equilibrio del bosco), grazie alle quali ci è concesso di irrompere nel velo temporale che separa il nostro presente – e il presente della voce narrante – dalla storicità degli eventi riscoperti e raccontati.

Se un giorno le piante potessero parlare, ci condannerebbero a morte come noi le abbiamo già condannate, dovremmo essere capitozzati anche noi per spirito di equità.

 

Dati tecnici:

Titolo: Il martellatore francese
Autore: Domenico D’Angelo
Editore: La Torre dei Venti
Collana: Zefiro
Anno edizione: 2020
Copertina di: Marco Bosio
Pagine: 235
ISBN: 9791280053121