“Omicidio all’inglese”, di Verity Bright – la recensione
I piedi vi porteranno sempre dov’è il vostro cuore.
Lady Eleanor Swift rientra a Henley Hall – la storica residenza familiare – dopo molti anni di assenza e con un bagaglio intellettuale forgiato dagli anni trascorsi viaggiando in Perù, in Persia e in India. Come spesso accade, ciò che ci spinge al ritornare non sono tanto l’abitudine o la comodità, quanto più la formalità di tenere fede all’etichetta e all’educazione. Ed è effettivamente in questi termini che la giovane Lady Swift si ricongiungerà al proprio passato, a seguito della morte inaspettata dello zio e della successione ereditaria, che vedrà la nomade acquisire appieno il proprio titolo nonché la piena proprietà di Henley Hall.
Non hai percorso migliaia di miglia solo per innamorarti di nuovo. Soprattutto non di un assassino!
Iniziare ad abitare – di nuovo – una casa che ha accolto qualche nostro iniziale inciampo, accogliendo tra le sue mura fredde e risolute i pianti infantili e le prime impressioni non è mai davvero facile; non lo sarà, senza alcun dubbio, quando Eleanor Swift incontrerà – e non potrà fare a meno di evitarlo – i molti componenti della servitù di Henley Hall, affezionatissimi alla memoria di Lord Swift, solerti nel proporsi alla nuova padrona di casa con tutta la loro professionalità, fedeli ai ritmi già imposti, piegati alla comprensibile curiosità. Nell’abbraccio di questa confusione emotiva, sarà Gladstone – il bulldog inglese dello zio di Eleanor – a rappresentare un approdo di stabilità e coscienza per la nuova arrivata. E sarà proprio insieme a Gladstone, nel mentre di un’umida passeggiata in notturna, che le sorti di Lady Eleanor Swift muteranno e che la trama di Omicidio all’inglese entrerà nel suo vivo.
I due, difatti, assisteranno inaspettatamente a un freddo omicidio, che si consumerà a pochi passi di distanza dalla nuova residenza della giovane. A complicare la scoperta già pesante di per sé, si sommerà la scomparsa repentina del cadavere dell’uomo e – conseguentemente – l’impossibilità, da parte di Eleanor, di dimostrare alle svogliate e incompetenti forze di polizia la veridicità della propria deposizione. Sarà da questo secondo incipit che l’intrepida Lady – non senza l’ausilio della propria spalla a quattro zampe e di un parterre di personaggi che le saranno di aiuto o di ostacolo – sceglierà di scavalcare ogni autorità, investigando in prima persona su quanto accaduto col desiderio di illuminare l’oscurità che aleggia attorno all’assassinio.
Mi toglierò un po’ di campagna dalla faccia e sarò da voi prima che abbiate avuto il tempo di sedervi.
Verity Bright – trattasi, in realtà, di uno pseudonimo che cela dietro di sé una coppia, moglie e marito, che ha firmato con questo nome la serie di volumi Lady Swift Mistery, di cui Omicidio all’inglese è il primo – attinge a piene mani dall’universo letterario giallo classico, ispirandosi con dedizione a grandi autori che hanno affrontato il tema della detective story, dell’investigazione, del poliziesco e del mistery: accenni di Agatha Christe e Arthur Conan Doyle, infatti, risultano evidenti sia per quanto concerne alcune atmosfere del romanzo, sia per talune dinamiche logistiche e relazionali tra i personaggi principali della narrazione. Centrale e davvero apprezzabile – soprattutto se si considera il periodo storico e culturale entro cui Omicidio all’inglese è ambientato (siamo nel 1920) – è la tenace audacia e la cosciente consapevolezza della figura femminile, protagonista e chiave di volta dell’intera narrazione: il personaggio di Lady Eleanor Swift si distacca dalla tradizione letteraria precedente, portando sulla pagina l’essenza femminista che è anche cifra stilistica della Vintage Editore e che ne caratterizza le scelte editoriali, l’intento e la forza intellettuale.
E cosa rende un omicidio “grave”, ispettore? È possibile commettere un omicidio “banale”?
Dati tecnici:
Titolo originale: A Very English Murder