Nell’ultimo episodio di #BecomingJane abbiamo analizzato brevemente la figura del villain e l’importanza del corteggiamento. Quest’oggi ci apprestiamo ad addentrarci nelle prime similitudini esistenti tra Lady SusanRagione e sentimento, partendo dalla descrizione e dagli atteggiamenti tipici dei libertini.

Poco dopo la conclusione di Lady Susan, Jane Austen, cimentandosi in un nuovo romanzo, assegna il ruolo del libertino seduttore – come di tradizione – ad un giovane uomo: il già citato Willoughby, il quale fa la sua comparsa in scena salvando eroicamente una delle due protagoniste, Marianne Dashwood, e riportandola a casa dopo una brusca caduta. Il loro amore sembra dunque iniziare felicemente, come lasciano intendere le pagine ed i capitoli che seguono l’incontro:

La sua virile bellezza e la sua grazia fuori dal comune furono subito oggetto dell’ammirazione generale, e il fatto che fosse così attraente rese più piccanti le battute suscitate dalle sue galanterie verso Marianne. Lei lo aveva potuto osservare meno delle altre […] ad ogni modo, l’aveva visto abbastanza per unirsi all’ammirazione generale, e con l’entusiasmo che da sempre dava calore ai suoi apprezzamenti. La persona ed il modo di fare del giovane erano all’altezza di quel modello fantastico che, nella sua fantasia, incarnava l’eroe di una bella storia; e la prontezza con cui l’aveva soccorsa, senza tanti complimenti, denotava una velocità nel prender decisioni che rendeva particolarmente gradito quel suo gesto. Tutto, in lui, era interessante.

La conoscenza dei due giovani è all’insegna della felicità e delle piacevoli scoperte reciproche:

«Il salvatore di Marianne», come Margaret, con più eleganza che precisione, definiva Willoughby, si presentò al villino il mattina dopo per vedere personalmente coma andavano le cose. […] Era sufficiente menzionare uno qualunque dei suoi divertimenti preferiti per spingerla a chiacchierare. Non poteva tacere quando erano introdotti quegli argomenti, e nella discussione non portava né timidezza né riservatezza. I due giovani scoprirono in un momento di avere in comune l’amore per la musica e per la danza, il che era collegato ad una generale affinità nel considerare tutto e tutti che li avvicinava l’uno all’altra. Spinta ad un ulteriore esame degli atteggiamenti del giovane, Marianne passò a parlare di libri; dichiarò quali erano i suoi autori preferiti, e li discusse con tale fervore che qualunque giovanotto di venticinque o ventisei anni sarebbe stato davvero insensibile se non si fosse convertito immediatamente all’ammirazione per quelle opere, anche se fino ad un attimo prima le aveva disprezzate. I loro gusti erano straordinariamente identici! Tutti e due adoravano gli stessi libri, gli stessi brani; e se spuntava qualche differenza, se sorgeva qualche obiezione, non sopravviveva alla forza di quelle argomentazioni, allo splendore di quegli occhi.

L’atteggiamento di Willoughby, che progressivamente tende sempre più verso un evidente interessamento nei confronti della giovane Marianne, non lascia dubbi sulle intenzioni dell’uomo: tutta la vicenda sembrerebbe destinata a proseguire nel migliore dei modi. Nello stesso momento, anche Marianne – sentendosi pienamente autorizzata a far scorrere libera la sua fervida fantasia romantica – scioglie man mano il velo delle convenienze sociali, arrivando a manifestare senza remore il proprio sentimento nei confronti di Willoughby:

Willoughby rappresentava tutto ciò che la sua fantasia le aveva suggerito, in quell’ora infelice, come più in più lieti periodi, come capace di attrarla; e il comportamento di lui rendeva manifesto che il suo desiderio di piacerle era tanto grande quanto grandi erano le sue doti.

Elinor, l’incarnazione della ragione che dona una parte del titolo al romanzo non può che mettere in dubbio quanto vissuto interiormente da Marianne; non solo la sua indole, ma anche la propria condizione d’infelicità nei confronti dell’amato Edward Ferrars e la sua maggiore età le consentono di esprimersi totalmente a sfavore nei confronti di una simile spudoratezza. Marianne, convinta della veridicità di tutto ciò che è in grado di esprimere e sentire grazie al proprio cuore, non è sufficientemente matura per comprendere quanto i timori della sorella siano giustificati:

«Ti sbagli, Elinor», esclamò Marianne con trasporto, «se credi che io conosca poco Willoughby. Non lo conosco da molto tempo, questo è vero, però lo conosco meglio di qualunque altra creatura al mondo eccetto la mamma e te. Non sono il tempo né le circostanze a creare l’intimità, ma solo la predisposizione. Sette anni non basterebbero a fare in modo che certe persone si conoscano l’un l’altra, mentre per altri sette giorni sono più che sufficienti.»

Sarà la piccola Margaret Dashwood – notevolmente avveduta, nonostante la sua tenera età – ad esibire alla sorella maggiore quanto la situazione di Marianne e Willoughby si stia pericolosamente complicando: la signorina Dashwood donerà, infatti, una ciocca dei propri capelli al suo bel pretendente: “«Ma no, davvero Elinor, sono di Marianne. Ne sono sicura perché l’ho visto mentre li tagliava. Ieri sera, dopo il tè, quando tu e la mamma eravate uscite dal salottino, parlavano tra loro bisbigliando fitto fitto, e sembrava che lui la pregasse di qualcosa, e tutt’a un tratto ha preso le forbici di Marianne e le ha tagliato un lungo ricciolo, perché lei si era sciolti i capelli sulle spalle; poi lo ha baciato e lo ha avvolto in un foglio di carta bianca, e se l’è messo nell’agendina».

Tutta la vicenda pare proseguire nel migliore dei modi: la giovane Marianne e l’affascinante Willoughby sembrano aver trovato la reciproca felicità l’una nell’altro. Eppure, la mano di Jane Austen deve ancora permettere al lettore di entrare veramente all’interno dell’interiorità del personaggio di John Willoughby. Ovviamente, se in Lady Susan gli scambi epistolari della stessa protagonista presentavano la possibilità di cogliere aspetti della sua indole in maniera praticamente istantanea, la differente struttura di questo secondo romanzo, prevede che la natura meschina del personaggio fuoriesca man mano che la vicenda prosegue. Un altro aspetto da tenere in considerazione è che Lady Susan era anche la protagonista della vicenda narrata dalla Austen; John Willoughby, al contrario, è un personaggio sì importante – quasi indispensabile, visti i cambiamenti che il suo operato e le sue malefatte apporteranno nella crescita psicologica di Marianne – ma non rappresenta minimamente il centro reale della narrazione. Willoughby si dice improvvisamente costretto a partire; Marianne confida nella sua buona fede e nella veridicità dei suoi sentimenti. Più avanti, insieme alla sorella Elinor, avrà l’occasione di raggiungere Londra (luogo dove anche Willoughby si trova) e di partecipare ad un ballo, al quale rivedrà il suo amato. Ma qualcosa nel suo atteggiamento è inspiegabilmente mutato.

Poco dopo, Marianne, riceverà una breve lettera da parte di Willoughby. Ed ecco che, proprio come accadeva in Lady Susan, sarà proprio la silenziosa corrispondenza a rendere evidente la natura meschina ed imperdonabile del libertino. E sarà il medesimo mezzo a porre una fine dolorosa alla convinzione di Marianne di essere stata realmente amata da un uomo che credeva essere una persona totalmente opposta rispetto a quanto ha in realtà rivelato:

Gentile signorina, ho avuto l’onore di ricevere la vostra lettera, per la quale vi ringrazio sentitamente. Sono molto spiacente di scoprire che nel mio comportamento di ieri sera ci sia stato qualcosa che non ha incontrato la vostra approvazione; e quantunque io non riesca proprio a capire in cosa io abbia avuto la sfortuna di offendervi, vi prego di scusarmi per ciò che, ve lo assicuro, è stato perfettamente involontario. Non ripenserò mai senza il più lieto piacere all’amicizia che tempo fa mi legò alla vostra famiglia, nel Devonshire, e mi lusingo di sperare che non venga ostacolata da nessun errore o equivoco in merito alle mie azioni. Nutro per la vostra famiglia una stima sincera; ma se saprò di avere avuto la sfortuna di aver fatto credere a qualcosa di più di quel che sentivo o che intendevo esprimere, mi rimprovererò di non esser stato più cauto nel manifestare tale stima. Mi concederete che era impossibile che io avessi in mente qualche altra cosa, quando sapete che il mio affetto era da molto tempo impegnato altrove, e che fra poche settimane, credo, tale impegno giungerà al suo compimento. È con intenso rammarico che obbedisco al vostro ordine di rimandarvi le lettere che ho avuto l’onore di ricevere da voi e la ciocca di capelli che avete avuto la bontà di donarmi.

Marianne è letteralmente distrutta, in seguito alla scoperta dell’inganno di Willoughby. A differenza di Reginald de Courcy, il quale pur essendo stato colpito dalla malvagità di Lady Susan e diventato fulcro delle menzogne in merito ad un di lei possibile innamoramento, riesce a superare il dolore, interiorizzando la consapevolezza di quanto accaduto, la più giovane e sensibile eroina di Ragione e sentimento, non è però in grado – per carattere e grado di maturità – di accettare l’idea di quanto accaduto. Mr. de Courcy, gentiluomo maturo e pronto per impegnarsi sinceramente in un matrimonio, finisce con considerare l’inganno in maniera tutto sommato razionale, riconoscendo i propri limiti, ma giustificandosi. La sensibilità che Marianne incarna alla perfezione, al contrario, non riesce a concepire un comportamento simile e la reazione che ne segue è prevedibilmente dilatata:

«Sentiva allo stesso modo anche lui, Elinor… per settimane e settimane lo ha sentito. So che è così. Qualunque cosa possa averlo cambiato adesso (e può essere stata solo l’arte più perfida impegnata contro di me), io gli ero cara, una volta, quanto il cuore poteva desiderare. Questa ciocca di capelli, che mi ha restituito con tanta facilità, mi è stata richiesta con le più appassionate suppliche. Avessi visto i suoi occhi, i suoi modi, avessi sentito la sua voce in quel momento! Hai dimenticato l’ultima sera che abbiamo passato insieme, a Barton? E anche il mattino in cui ci siamo separati! Quando mi ha detto che sarebbero passate molte settimane prima di poterci rivedere… il suo dolore… potrò dimenticare mai quel dolore?»

Il discorso in merito alle esperienze di seduzione descritte da Jane Austen in questi due romanzi verrà ripreso anche successivamente nel corso di questa analisi e troverà una conclusione nella descrizione della crescita del personaggio femminile in seguito al matrimonio.