Immagino che se solo fossi riuscito a capire cosa stesse farfugliando la metà delle volte, avrei scoperto che stava parlando in modo sensato come chiunque altro. È buffo – rifletté – pensare a quanto le persone siano simili, indipendentemente dal Paese di provenienza.

Molto rumore per Peter è il romanzo di Jean Webster che inaugura la collana della Vintage Editore dedicata ai classici della letteratura (la Old Vintage). Pubblicato per la prima volta nel 1909 e sorto dalla stessa, fortunata penna che darà il via – nel 1912 – alle vivide avventure della Judy di Papà Gambalunga (cliccate qui, se volete leggere la mia recensione a questo testo), Molto rumore per Peter si presenta ai lettori con schietta semplicità, senza eccessivi fronzoli o sovrastrutture; trattasi, infatti, di una narrazione lineare e piuttosto semplice, che racconta con scioltezza le quotidianità di Peter Malone e dei molti personaggi che ruotano attorno alla sua figura.

Peter Malone è uno stalliere “tuttofare” di origini irlandesi impiegato al servizio dell’abbiente famiglia Carter, proprietaria di una tenuta a Willowbrook. Più che un sottoposto, il nostro protagonista sembra aver assunto, col tempo (Peter lavora per i Carter da circa dieci anni!), un ruolo di rilevanza all’interno della famiglia Carter, i cui membri lo considerano oramai parte integrante della stessa – nonostante il suo ruolo resti, comprensibilmente, quello di servitore.  Per tale ragione, infatti, alcune leggerezze del ragazzo saranno più facilmente perdonate, grazie all’affetto e alla reciproca stima.

Poteva permettersi di essere filosofica, quando si trattava dei problemi degli altri.

Tra le pagine di Molto rumore per Peter non si trovano grandi eventi, riflessioni profonde o colpi di scena che lasciano col fiato sospeso: quello che è possibile riscontrare, al contrario, è la purezza della quotidianità, il carezzevole susseguirsi di eventi tanto semplici quanto – spesso – trascurabili; e l’importanza del romanzo, il segreto del Peter di Jean Webster, a mio avviso, risiede proprio in questo. Spesso ci perdiamo nel caos del rumore, ricerchiamo – quasi disgraziatamente – del rumore col quale coprire i nostri silenzi, i nostri pensieri, le nostre paure; siamo schiavi del rumore, abbiamo paura dei nostri silenzi (perché temiamo di non saperli gestire?). Il rumore di Peter, il rumore che dà forma a quest’opera di Jean Webster è un rumore ironico che fa, infatti, eco al ben più noto Molto rumore per nulla di William Shakespeare, il cui titolo è divenuto una locuzione iconica che sta a indicare un’esagerazione o un’assurdità riferita a un fatto del tutto trascurabile o inconsistente.

Lo scorrere quotidiano delle attività della fattoria e delle incombenze domestiche, i rapporti gerarchici tra i membri della servitù e l’esplosione sentimentale nei cuori di coloro che ravvivano le pagine di Molto rumore per Peter si susseguiranno capitolo dopo capitolo, spesso anche senza un’immediata consequenzialità. Perché l’intento principe di Jean Webster, in quest’opera, sembra quello di proporre ai suoi lettori una soluzione per la vita, un modus vivendi, una traccia suggerita per vivere senza affanni, per liberarsi dalle complicazioni inutili. E, per riuscire in questo intento didascalico-didattico, ecco che l’autrice sceglie di scrivere questa storia come se stesse lavorando alla creazione di una coperta di patchwork: unendo le singole vicissitudini, le personali esperienze e gli intimi apprendimenti di ciascun personaggio – come se fossero frammenti di stoffe differenti, cucite insieme a formare una sola, calda e morbida coperta – Jean Webster costruisce un universo coerente, dandogli una direzione e assegnandogli la propria missione.

«Io, codardo!», dichiarò. «Nessuna paura di combattere, ma non mi piace. Troppo faticoso», scrollò le spalle e allargò le mani. «Più facile curare un fiore».

Molto rumore per Peter è una lettura leggera e scorrevole, certamente adatta per la stagione estiva. Pagine fresche e immediate, linearità e buoni sentimenti sono tutti elementi che arricchiscono questo romanzo americano dei primi anni del Novecento; una storia che, se analizzata con qualche accortezza in più, può davvero lasciare una traccia di insegnamento nello sguardo di chi deciderà di incontrare le parole dell’autrice.

Un plauso necessario – com’era accaduto per Un’insolita Mary (primissima pubblicazione della casa editrice; cliccate qui, se volete leggere la mia recensione a riguardo!) – alla Vintage Editore, per la cura e la riconoscibilità dei suoi lavori editoriali. A questo punto, aspetto nuovi viaggi e nuove emozioni.

A presto!