La scorsa settimana ho inaugurato la rubrica #BecomingJane, dedicata alle opere minori e incompiute di Jane Austen. In questo secondo articolo entriamo nel vivo di “Lady Susan”, quello che può essere definito a tutti gli effetti come il primo romanzo che l’autrice concepì e completò. Per lungo tempo il manoscritto rimase sepolto e inedito (la stessa Austen non volle, finché rimase in vita, dare alle stampe la sua prima creatura). Ad oggi, grazie alle numerose traduzioni, possiamo fortunatamente immergerci in questa storia assai particolare.

Lady Susan è un breve romanzo epistolare scritto da Jane Austen nella sua giovinezza, più precisamente intorno agli anni 1793 e 1795 (anche se il testo subì una riscrittura successiva e qualche correzione nel 1805), e rimasto assolutamente inedito durante tutta la durata della vita dell’autrice. Il testo vede la sua prima apparizione nella seconda edizione del noto A Memoir of Jane Austen del 1871, scritto dal nipote della scrittrice James Edward Austen-Leigh (il quale sceglierà anche il titolo di questa opera, cosa che accadde, inoltre, per The Watsons, Persuasion e Northanger Abbey) per omaggiare e perpetuare il ricordo della indiscutibile arte dell’amata zia. Insieme ad alcuni Juvenilia, Lady Susan è uno dei testi minori – compiuti – dell’autrice che abbiamo dunque avuto la possibilità di leggere ed analizzare più approfonditamente (ciò non vale, ad esempio, per gli altri due lavori minori della Austen che sono stati abbandonati o bruscamente interrotti per motivazioni che verranno approfondite nei prossimi capitoli). Il genere epistolare era molto in voga nel Settecento e la stessa Jane Austen amava dichiaratamente i romanzi scritti in tale sorta: tra i suoi autori preferiti aveva, difatti, Samuel Richardson (autore dell’epistolare Pamela, tradotto in varie versioni anche in italiano, e del più lungo romanzo della letteratura inglese, Clarissa, anch’esso del medesimo genere) e Frances Burney – meglio conosciuta come Fanny Burney (autrice di numerosi romanzi – come Evelina, Camilla o Cecilia – le cui protagoniste sono giovani eroine occupate nella difficile arte della crescita, topos tipico del romanzo di formazione).

Non bisogna dunque stupirsi se la giovane scrittrice decise di iniziare quella che diventerà una brillante professione proprio con un romanzo epistolare. Eppure, non era la prima volta che Miss Austen si avvaleva di una simile tipologia di scrittura (e non sarà nemmeno l’ultima!): molti suoi lavori giovanili sono infatti un susseguirsi più o meno vasto di lettere, scambi epistolari che costruiscono vari intrecci e racconti più o meno lunghi; e persino il noto ed apprezzatissimo Ragione e sentimento era inizialmente stato concepito come Elinor & Marianne, ossia un lungo romanzo epistolare che venne successivamente riscritto nella forma che tutt’oggi conosciamo.  Per lettori del nostro tempo, un simile tipo di scrittura – lontanissimo dal genere a cui normalmente si è abituati – può inizialmente apparire limitante per la realizzazione e lo sviluppo di un intreccio narrativo; in realtà, la possibilità di leggere la corrispondenza che i personaggi via via si scambiano dà al lettore la possibilità non solo di comprendere dettagliatamente come i fatti si stanno verificando, ma anche di venire a conoscenza – apparentemente senza la mediazione dell’autore – del carattere e dell’indole interiore dei personaggi. E tale aspetto va preso maggiormente in considerazione se si analizza uno scritto di Jane Austen, la quale ci ha sempre abituati, e ne sono degli splendidi testimoni i suoi sei romanzi canonici, ad una spietata e realistica caratterizzazione delle sue stesse “creature”. Senza dubbio, l’uso della scrittura epistolare, oltre che dimostrare l’attaccamento di Jane Austen alla letteratura del suo tempo, evidenzia la sua raffinata capacità di esprimere la propria grandezza letteraria ed il proprio estro attraverso qualsiasi mezzo, riuscendo a trionfare in ogni occasione.

Lo svolgimento della storia viene portato avanti da quarantuno lettere, che vengono scambiate tra i diversi personaggi implicati nella vicenda, di cui protagonista è la donna che dà il titolo al romanzo stesso. Lady Susan Vernon è una vedova che ancora non ha riposto le armi della seduzione e tenta dunque, con ogni mezzo, di attirare su di sé l’attenzione di un paio di gentiluomini, arrivando infine a sposarne un terzo che era stato prescelto, in realtà, come potenziale sposo per la figlia Frederica (avuta dal precedente matrimonio, prima della tragica scomparsa). L’esordio di Lady Susan ci presenta immediatamente alcuni dei personaggi che saranno essenziali per tutto lo svolgimento successivo: la famiglia de Courcy e Mrs. Alicia Johnson. I primi, imparentati con Lady Susan da parte del defunto marito, ospiteranno la protagonista presso la loro residenza per gran parte del romanzo e seguiranno da vicino lo svolgersi di alcune sue notevoli ed astute azioni seduttive; la consueta coppia – di amiche, sorelle, conoscenze del vicinato – che caratterizza praticamente tutta l’opera austeniana viene qui identificata con Lady Susan e la sua cara amica e corrispondente Mrs. Johnson, la quale in numerose occasioni non mancherà di sostenere ed incoraggiare le azioni malvagie dell’amica. Il loro scambio epistolare sarà tuttavia destinato a giungere al termine alla conclusione del romanzo, quando Mr. Johnson, che mai aveva avuto una buona opinione dell’alleata di sua moglie, proibirà definitivamente qualsiasi ulteriore contatto tra le due donne. In questo senso, l’usuale abbinamento che vede, nei romanzi della Austen, le due donne separarsi – non in maniera definitiva – in seguito ad un matrimonio o ad un lieto evento, viene in Lady Susan generato da un ferreo obbligo coniugale:

“Non prendertela se ti dico che presto dovremo interrompere i nostri rapporti, anche quelli epistolari. La cosa mi rattrista davvero, ma Mr. Johnson afferma che se mi ostino in questa amicizia, si stabilirà in campagna per il resto della sua vita e tu capisci che è impossibile sottostare a una tale imposizione, quando mi resta una qualsiasi altra alternativa.”

È assai probabile che una simile soluzione non sarà più adottata successivamente dall’autrice in virtù del fatto che tutte le eroine dei suoi romanzi canonici non possiedono minimamente l’indole negativa o alimentano i perfidi intrighi che, nella brevità di questo lavoro, Lady Susan è invece capace di tessere. E, inoltre, ogni altro romanzo austeniano è caratterizzato da un happy-ending, elemento che in Lady Susan non appare con certezza:

“Se Lady Susan sia stata o non sia stata felice con il suo secondo marito, non so come poterlo accertare: chi potrebbe fidarsi della sua parola?” 

Dato che Lady Susan non era stato concepito per le stampe o per un pubblico che non fosse più vasto di quello composto da parenti ed amici stretti, ma rientrava – nell’idea dell’autrice – all’interno degli esercizi giovanili, può risultare evidente la contaminazione che questo lavoro ha avuto sul romanzo concepito immediatamente dopo: Elinor & Marianne. Notevoli sono, infatti, i punti di contatto tra l’epistolare Lady Susan e il primo lavoro che Jane Austen riuscirà a pubblicare: Ragione e sentimento.